ORVIETO ED IL DUOMO
LORENZO MAITANI
ARCHITETTO 1270-1330
Lorenzo Maitani, Architetto e scultore, nacque a Siena nel 1270,
figlio dello scultore Vitale di Lorenzo detto Matano. Nel 1310 fu chiamato a Orvieto
da Papa Bonifacio VIII e nominato capomaestro dell’opera del Duomo, carica che conservò fino alla morte, ad Orvieto nel 1330. È suo il progetto della facciata, elaborato secondo un modello spiccatamente gotico, nuovo e originale rispetto ai tipi italiani ed europei.
Già prima del 1310 si era recato in varie riprese a Orvieto per rafforzare la costruzione pericolante della cattedrale. Interruppe il suo soggiorno orvietano nel 1317 e 1319-21 per riparare gli acquedotti di Perugia, nel 1322 per dare il suo parere sul proseguimento dei lavori del duomo di Siena e nel 1323 sulla progettata costruzione del castello di Montefalco, nel 1325 per restaurare il castello di Castiglione del Lago.
Dal documento del 1310 in cui Lorenzo viene designato “universalis caput magister” della cattedrale orvietana risulta che egli venne incaricato di costruirne la facciata e di soprintendere alla decorazione scultorea di essa.
Due disegni della facciata nel museo del duomo, illustrano la genesi del progetto maitanesco, che da un verticalismo derivato dall’architettura gotica francese dell’Île-de-France, passò a una concezione più raffinata ed equilibrata. Questo compromesso tra spirito e principî estetici francesi e italiani si avverte anche nei mirabili rilievi che coprono i quattro pilastri della facciata.
Della profondità dello scultore dànno un’idea assai chiara i quattro angeli di bronzo in atto di sollevare i lembi del baldacchino che protegge il gruppo marmoreo della Madonna col Bambino collocato sopra la porta centrale, e i quattro simboli degli Evangelisti, pure in bronzo, sporgenti al disopra del cornicione che corre sui pilastri della facciata;
Per affinità con esse si possono sicuramente attribuire al Maitani i rilievi delle tre zone inferiori del primo pilastro che dalla Creazione degli animali giungono fino alla Cacciata dei progenitori dal Paradiso, e i rilievi delle due zone inferiori del quarto pilastro con la Risurrezione dei Morti, l’Inferno e la schiera degli eletti e dei reprobi.
Il Maitani nei suoi rilievi, ha una personalità ben definita che gli assicura un posto di primo piano nella scultura toscana del Trecento.
Alla profonda conoscenza dell’anatomia del corpo umano, si accoppia uno squisito senso dell’euritmia lineare, rafforzato da influenze francesi, che piega a morbido fluire le vesti trasparenti e leggiere. Ed è appunto questo spirito lirico pacato e sereno che lo distingue artisticamente nella storia dell’architettura e scultura.
La Rupe di Orvieto nacque circa trecentomila anni fa a seguito dell’eruzione del complesso vulcanico del Monti Volsini.
Orvieto, città millenaria sospesa tra cielo e terra, ha svelato un altro aspetto che la rendono unica: un dedalo di grotte è nascosto nell’oscurità sotterranea della rupe.
La natura geologica del masso su cui sorge oggi l’antica etrusca Velzna (poi Volsinii), ha consentito
agli abitanti di scavare, nel corso dei millenni, un incredibile numero di cavità, grotte, pozzi, cisterne e gallerie che si stendono, si accavallano, si intersecano al di sotto della moderna città .
La stratigrafia condizionava la circolazione delle acque sotterranee e nel corso dei millenni, gli abitanti della Rupe operarono in maniera così particolare nel sottosuolo della città, fino a scavarvi oltre 1200 grotte.
La necessità dell’approvvigionamento idrico fu dunque il motivo che probabilmente dette il via
alle realizzazioni sotterranee.
La Rupe, colonizzata già a partire dal IX secolo a.C., vide prosperare una delle più importanti città etrusche, l’antica Velzna. A questo periodo risalgono i primi ipogei scavati dall’uomo alla ricerca dell’acqua, bene insostituibile in una città che, inespugnabile per le pareti di roccia che la difendevano, doveva essere in grado di resistere agli assedi.
Gli Etruschi realizzarono ingegnose cisterne per la conservazione dell’acqua piovana nonchè una estesa rete di cunicoli per il suo convogliamento e pozzi profondissimi (a sezione rettangolare che non misurano più di 80 per 120 centimetri) che, superati gli strati permeabili, raggiungevano le falde freatiche. Grazie a tutto ciò, Velzna (poi Volsinii, oggi Orvieto) riuscì a raggiungere l’autosufficienza per l’approvvigionamento idrico, tant’è che cadde nelle mani di Roma, nel 264 a.C., solo dopo aver resistito ad un assedio che durò quasi tre anni.
Nella Velzna underground vennero costruiti anche molti “colombai” dove i piccioni viaggiatori entravano ed uscivano per svolgere il loro compito.
Nel sottosuolo sono presenti i resti di un intero mulino medievale (il mulino di Santa Chiara) completo di macine, pressa, focolare e mangiatoie per gli animali addetti alle macine oppure un intero frantoio per le olive, completo anch’esso di macine, pressa, focolare e condutture per l’acqua e cisterne.
Gli Etruschi, fondatori della città fecero di Velzna un esempio di modernità ed organizzazione
ed era così ricca da essere nota con l’appellativo di Oinarea .